Era una notte buia e tempestiva: la Luna non c’era e il Sole era tramontato improvvisamente ed in perfetto orario, proprio quando ce n’era bisogno.
Un aeroplano Bistecchiera decollò accompagnato dal rombo dei motori e dai rettangoli delle ali, facendo fuggire uno stormo di quadrilateri che riposavano sul filo del rasoio.
Il comandante Soffritto condusse il suo potente Bistecchiera sopra la città e cominciò a rilasciare il prezioso carico sulle strade deserte. Nella stiva dell’aereo era infatti ammucchiato il più grande spettacolo dopo il big bang: un carico di doppi sensi. C’era voluta una vita e anche parte di un torace per mettere insieme una simile quantità di doppi sensi.
Andò avanti e poi indietro tutta che sembrava Renzo Arbore, per tutta la notte. Fece piovere doppi sensi su tutta Falafelicittà, la capitale dell’ultima provincia viva e vegetariana della regione.
La mattina dopo Falafelicittà si svegliò nel caos.
Strade a senso unico non ne esistevano più perché erano diventare a triplo senso: la gente le percorreva in lungo, in largo e all’incontrario. Le strade a doppio senso erano diventate a quadruplo senso e si potevano percorrere in molteplici versi: ruggiti, latrati, belati e muggiti.
Ragazzini appena usciti da casa litigavano per un difetto trovato per strada: “È miope!” “No, è miope!” “E va bene, tienilo tu”.
A casa di Barbara erano esplose insieme le bottiglie di acqua frizzante ed i flaconi dello shampoo: era pieno di schiuma da Barbara.
L’ospedale era il posto più tranquillo, erano tutti pazienti in attesa del loro turno.
Il comandante Soffritto tornò a casa alle prime luci dell’alba, si fece una bella doccia di brodo caldo e andò a coricarsi nel suo letto di riso, sognando di mantecarsi sotto le coperte.